Tutti i Paesi europei hanno annunciato piani di sostegno per il settore dello Spettacolo colpito dalla pandemia da Covid-19. Germania, Francia, Spagna, il nostro Paese. Alla fine di marzo, un gruppo trasversale di parlamentari europei ha impegnato la Commissione Ue a stabilire una tabella di marcia con regole chiare per la ripartenza.
In Italia, il Governo ha inserito alcune apprezzabili misure per il nostro settore nel Dl Sostegno. Il Ministero della Cultura ha creato un gruppo di lavoro che si occuperà di predisporre lo schema del Disegno di legge per lo Spettacolo da collegare alla manovra di Bilancio. Anci e MiC hanno aperto un tavolo permanente di confronto tra Stato ed Enti locali, che si aggiunge a quello già aperto per lo Spettacolo.
Non c’è dubbio che collegare i diversi ambiti di intervento decisionale, su scala europea, nazionale e locale, sia un passo importante. Insieme al piano vaccinale, un forte coordinamento è la base per superare le necessarie restrizioni imposte al mondo dello Spettacolo dalla emergenza sanitaria. In questo scenario, il contributo che il teatro privato italiano può dare alle istituzioni è strategico.
Innanzitutto nella condivisione delle informazioni tra istituzioni e operatori dello spettacolo, per evitare il rischio che le misure di sostegno previste per il 2020 e confermate nel 2021 finiscano per essere distribuite in modo generico. Alimentando squilibri strutturali e fenomeni degenerativi che già conosciamo, determinati da un discutibile uso della spesa pubblica.
Possiamo dare un grande contributo in termini di dati, cifre, fabbisogni per impiegare al meglio le risorse utili al rilancio del teatro italiano. La rete dei teatri privati può fornire al decisore pubblico informazioni precise, una fotografia sullo stato dell’arte del nostro settore nel Paese. Quanti teatri, quali investimenti, quante le persone impiegate, i posti nelle sale, che bacini di utenza. Misurare con precisione tutto questo equivale a intervenire nel modo più adeguato dopo l’emergenza.
Per riuscirci, le associazioni di rappresentanza del mondo dello Spettacolo dovrebbero muoversi insieme, sia a livello nazionale che locale. Lavorare con saggezza per il bene comune, mettendo da parte vantaggi sporadici, interessi strumentali, la ricerca ossessiva di una visibilità individuale. Superare la frammentazione per superare l’emergenza.
Seguiremo con estrema attenzione l’esame parlamentare del Disegno di Legge sullo Spettacolo, prima della conversione in decreto. Perché anche in questo caso possiamo avere un ruolo determinante nella definizione di interventi concreti di rilancio. Siamo convinti che servano proposte energiche rivolte agli interlocutori istituzionali.
C’è un primo tema, decisivo, di accesso al credito per le imprese teatrali private più piccole. Il combinato disposto tra incertezza economica determinata dalla pandemia e dimensioni spesso ridotte della imprenditoria teatrale italiana, può essere un macigno quando si entra in banca per avere un prestito o proporre un piano di investimenti.
Lo Stato può fare la sua parte offrendo garanzie, per esempio attraverso il ruolo di Cassa depositi e prestiti. Ma la chiave per garantire il credito alle imprese teatrali sono i processi di ripatrimonializzazione. Avere dimensioni più grandi significa apparire più affidabili agli occhi del mercato bancario. La proposta è allora stabilire un credito di imposta al cento per cento per i conferimenti societari e per le imprese teatrali che aumentano il loro capitale.
Lo strumento del credito di imposta può funzionare anche su altri fronti. Per ammortizzare una parte delle perdite economiche intervenendo sul costo delle locazioni, sui costi per le sanificazioni e l’adeguamento in sicurezza degli ambienti di lavoro, come si è fatto per il turismo.
Più in generale, per riavviare la macchina del teatro privato in Italia occorre un grande Fondo per la Ripartenza, extra Fus, con l’obiettivo specifico di valorizzare le esperienze di qualità, ripensando requisiti e parametri per l’accesso ai contributi pubblici (contributi a fondo perduto, calcolati sulle perdite subite durante l’intero periodo della chiusura).
Dobbiamo rafforzare le indennità previste per i lavoratori dello Spettacolo. Offrire strumenti di sostegno ai precari della cultura, che non possono sopravvivere con una manciata di euro al mese. In questo senso sarebbe utile creare il registro di tutte le categorie dei lavoratori dello Spettacolo e delle Imprese di produzione.
Poi c’è molto da fare sul fronte fiscale e previdenziale. Sospendere l’imposizione fiscale non basta. Bisogna azzerare le tasse per il nostro settore perlomeno fino al momento della riapertura. In seguito, ridurre le aliquote, abbassare l’Iva sui costi dei biglietti, incentivare il consumo culturale di giovani e famiglie con bonus e deduzioni sul reddito per chi acquista l’abbonamento teatrale. Infine occorrono incentivi per fare una grande campagna di comunicazione che rassicuri il pubblico spaventato dalla pandemia.
Il pubblico va, letteralmente, riaccompagnato per mano nelle sale informandolo sulle misure di sicurezza che assicureremo nella fase di ripartenza. Una ripartenza che dovrà essere controllata, ponderata, graduale. Comunicarla nel modo giusto è una opportunità per ripopolare il teatro privato in Italia.